La Mano Spietata della Legge - 1973
Anno: 1973
Regista: Mario Gariazzo
Casa di produzione: Difnei Cinematografica
Paese di produzione: Italia
CAST
Philippe Leroy: commissario Gianni De Carmine
Silvia Monti: Silvia
Klaus Kinski: Vito Quattroni
Fausto Tozzi: Nicolò Patrovita
Tony Norton: commissario D'Amico
Guido Alberti: professor Palmieri
Pia Giancaro: Lilly Antonelli
Rosario Borelli: Salvatore Perrone
Marino Masè: Giuseppe Di Leo
ATTENZIONE: SPOILER!
Klaus Kinski. Un nome, un brivido. Brivido che scorre durante tutta la visione del film a causa del suo silenzio assordante, senza l'ombra di un dialogo.
Ma prima di stare zitti per un'ora e 35 minuti di film, andiamo con ordine.
Siamo nel 1973, dove le violenze fasciocomuniste si fanno sempre più sentire e sono all'ordine del giorno, anche grazie alla strategia della tensione, già spiegata ampiamente in Milano Trema. Il cinema italiano è ancora ancorato alle commedie, ma in questo periodo incominciano a nascere come funghi i poliziotteschi, che saranno capaci di ritagliare l'Italia in un posticino di rilievo, in questo genere.
La trama del film non desta interesse nello spettatore, anche a causa dell'inesistente pirotecnicità, e nemmeno il seguire quello che sta succedendo. La rete criminale alla base della storia non è nemmeno esplicata e non sappiamo mai veramente di cosa si tratta.
Il film si apre con un assassinio a un boss del crimine, e quando il commissario De Carmine cerca di indagare sul suo assassinio, tutti i testimoni vengono eliminati. De Carmine riesce a scoprire che la mafia ottiene informazioni dai suoi colleghi, corrotti. La battaglia diventa sempre più difficile, soprattutto dopo la morte della sua ragazza... e quando la battaglia è quasi vinta, il commissario viene trasferito a Milano, lasciando le indagini.
Come ho già detto, la storia è inutilmente complicata ed è difficile essere coinvolti in questo, il che è un peccato, perché vi sono cose positive a riguardo. Almeno ho apprezzato la conclusione pessima e lunatica, tipica di un noir metropolitano alla Copkiller. Piatto quanto la provincia di Lodi, non aiutano nemmeno i personaggi al suo interno. Buona la regia di Gariazzo, che almeno ha avuto il merito di aver caratterizzato a dovere i personaggi del film. Abbiamo un brusco calo di qualità del sig. Leroy, che in Milano Calibro 9 ha avuto il tempo e il favore di svilupparsi, divenendo indimenticabile agli occhi di tutti.
Il film passò all'estero con un titolo anglofono più violento: The Bloody Hands of the Law, in Francia con una denominazione più leggera e realistica: La Fureur d'un Flic.
Ricalco di situazioni viste e riviste migliaia di volte, ma con una piccola eccezione silenziosa... che porta la firma di Kinski.
Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del blog!
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