Colpo Grosso a Manila & Occhi Dorati (Hyappatsu Hyakuchu, 1965 & Hyappatsu Hyakuchu: Ogon no Me, 1968) | Spionaggio alla Giapponese
Regista: Jun Fukuda
Fotografia: Shinsaku Uno
Sceneggiatura: Michio Tsuzuki, Kihachi Okamoto
Casa di produzione: Toho
Andrew Hoshino (Akira Takarada) è un agente dell'Interpol di ritorno dalla Francia, dove all'aeroporto viene coinvolto in un regolamento di conti con una misteriosa organizzazione. Catturato da una donna (Mie Hama), specializzata in esplosivi, verrà coinvolto in una sanguinosa guerra tra bande per vincere l'accordo con un trafficante di armi (Jun Tatara). Arrivati a Manila, Hoshino e Tezuka (Ichiro Arishima) verranno presi nuovamente in ostaggio dal grande capo Le Bois (Mike Danning)...
Chi era Jun Fukuda?
Nato a Changchun in Cina nel 1923, trascorse la sua infanzia in Manciuria per via del padre ferroviere fino ad emigrare nel 1941 in Giappone. Nel 1943 entrò alla Nihon University, ma seguì poco le lezioni: trascorreva le sue giornate leggendo e guardando films. Giurò di diventare un regista dopo avere visionato il "The Life of Matsu the Untamed" nello stesso anno. Entra nella Toho nel 1946 come assistente alla regia ed esordisce nel 1959 con "Playing With Fire". Partecipa anche lui ai kaiju eiga di Godzilla nel 1966 con "Il Ritorno di Godzilla" e si diletta nel cinema di genere della casa anche come sceneggiatore. Dopo avere diretto nel 1977 il fantascientifico "Guerra Spaziale", recide il suo contratto con la casa e dirige per la Nippon TV lo sceneggiato "Monkey" per otto episodi. Dopodiché si ritira a girare una serie di documentari negli anni '90, fino alla sua morte nel 2000. Uno dei registi più prolifici della saga di Godzilla, nonostante a lui non piacesse girarli: criticò pesantemente la serie e disse che non avrebbe mai dovuto esserci un sequel del Godzilla originale del 1954. Preferiva girare films d'azione orientati ai giovani.
In sintesi...
Per essere uno spionistico, la creatività tocca delle vette così alte che tutt'oggi sono finite sottoterra. Fotografia che ci regala panorami spettacolari da cartoline a basso costo quali le Filippine, dei colori frizzanti ed accesi in delle sequenze degne di essere girate anche ai Pinewood Studios: da 10 e lode la scena ricostruita in studio dell'aereo prossimo all'esplosione. Montato divinamente e con degli inserti linguistici che potrebbero essere di aiuto a futuri poliglotti, il tutto servito su un piatto di risate a base di interpretazioni fumettistiche per nulla banali! Numerosi i colpi di scena e le tensioni in quelle d'azione, intelligentemente coreografate con trucchi ingegnosi (come il far saltare dei barili di petrolio vuoti con una serie di fiammiferi accesi) e altri da fanservice come gli esplosivi tenuti nel reggiseno di Hama. Nel complesso, un prodotto imperdibile per gli amanti del genere.
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Regista: Jun Fukuda
Fotografia: Kazuo Yamada
Sceneggiatura: Jun Fukuda, Ei Ogawa, Michio Tsuzuki
Casa di produzione: Toho
Dopo quell'avventura nelle Filippine, Hoshino si reca in Libano per potersi rilassare... ma incontra una bambina che gli dice di vendicare la morte di suo padre, magnate del petrolio. A seguito di un fallito attentato, conosce l'appassionata di rally Mitsuko Saito (Tomomi Sawa) e fa squadra con l'investigatore Tezuka (Makoto Sato): il trio ritorna in Giappone e viene tallonato da una donna dell'organizzazione, Ruby (Bibari Maeda), che ha intenzione di recuperare il gettone d'argento datogli dalla bambina a Beirut... in realtà un tesoro perduto dal valore di un miliardo di yen.
In sintesi...
Spariti gli intermezzi linguistici del capitolo precedente, il guardaroba e la fotografia sono rimaste invariate: coloratissime e creative. Come le scene d'azione del film, che coinvolgono una cassa di bottiglie di vino, usate come silenziatore per decimare la banda... o che dire del capo Stonefeller (Andrew Hughes), cieco e che per sparare usa un microfono collocato sul mirino del suo fucile di precisione? I colpi di scena sono allo stesso piano del film precedente, così come le ricostruzioni dettagliate in studio. Come al solito, spicca sopra tutti Takarada nell'essere una calamita per le donne e per i guai, rispettivamente messi a tacere anche grazie al suo assistente Makoto, qui più serio rispetto all'investigatore precedente. Colonna sonora che qui ci regala un introduzione degna degli spionistici di Bond, memorabile e da raggelo del sangue nelle scene ad alta tensione. Montato senza sbavature, da segnalare i piani sequenza silenziosi nel finale con Hughes.
Fotografia: Shinsaku Uno
Sceneggiatura: Michio Tsuzuki, Kihachi Okamoto
Casa di produzione: Toho
Andrew Hoshino (Akira Takarada) è un agente dell'Interpol di ritorno dalla Francia, dove all'aeroporto viene coinvolto in un regolamento di conti con una misteriosa organizzazione. Catturato da una donna (Mie Hama), specializzata in esplosivi, verrà coinvolto in una sanguinosa guerra tra bande per vincere l'accordo con un trafficante di armi (Jun Tatara). Arrivati a Manila, Hoshino e Tezuka (Ichiro Arishima) verranno presi nuovamente in ostaggio dal grande capo Le Bois (Mike Danning)...
Chi era Jun Fukuda?
Nato a Changchun in Cina nel 1923, trascorse la sua infanzia in Manciuria per via del padre ferroviere fino ad emigrare nel 1941 in Giappone. Nel 1943 entrò alla Nihon University, ma seguì poco le lezioni: trascorreva le sue giornate leggendo e guardando films. Giurò di diventare un regista dopo avere visionato il "The Life of Matsu the Untamed" nello stesso anno. Entra nella Toho nel 1946 come assistente alla regia ed esordisce nel 1959 con "Playing With Fire". Partecipa anche lui ai kaiju eiga di Godzilla nel 1966 con "Il Ritorno di Godzilla" e si diletta nel cinema di genere della casa anche come sceneggiatore. Dopo avere diretto nel 1977 il fantascientifico "Guerra Spaziale", recide il suo contratto con la casa e dirige per la Nippon TV lo sceneggiato "Monkey" per otto episodi. Dopodiché si ritira a girare una serie di documentari negli anni '90, fino alla sua morte nel 2000. Uno dei registi più prolifici della saga di Godzilla, nonostante a lui non piacesse girarli: criticò pesantemente la serie e disse che non avrebbe mai dovuto esserci un sequel del Godzilla originale del 1954. Preferiva girare films d'azione orientati ai giovani.
In sintesi...
Per essere uno spionistico, la creatività tocca delle vette così alte che tutt'oggi sono finite sottoterra. Fotografia che ci regala panorami spettacolari da cartoline a basso costo quali le Filippine, dei colori frizzanti ed accesi in delle sequenze degne di essere girate anche ai Pinewood Studios: da 10 e lode la scena ricostruita in studio dell'aereo prossimo all'esplosione. Montato divinamente e con degli inserti linguistici che potrebbero essere di aiuto a futuri poliglotti, il tutto servito su un piatto di risate a base di interpretazioni fumettistiche per nulla banali! Numerosi i colpi di scena e le tensioni in quelle d'azione, intelligentemente coreografate con trucchi ingegnosi (come il far saltare dei barili di petrolio vuoti con una serie di fiammiferi accesi) e altri da fanservice come gli esplosivi tenuti nel reggiseno di Hama. Nel complesso, un prodotto imperdibile per gli amanti del genere.
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Regista: Jun Fukuda
Fotografia: Kazuo Yamada
Sceneggiatura: Jun Fukuda, Ei Ogawa, Michio Tsuzuki
Casa di produzione: Toho
Dopo quell'avventura nelle Filippine, Hoshino si reca in Libano per potersi rilassare... ma incontra una bambina che gli dice di vendicare la morte di suo padre, magnate del petrolio. A seguito di un fallito attentato, conosce l'appassionata di rally Mitsuko Saito (Tomomi Sawa) e fa squadra con l'investigatore Tezuka (Makoto Sato): il trio ritorna in Giappone e viene tallonato da una donna dell'organizzazione, Ruby (Bibari Maeda), che ha intenzione di recuperare il gettone d'argento datogli dalla bambina a Beirut... in realtà un tesoro perduto dal valore di un miliardo di yen.
In sintesi...
Spariti gli intermezzi linguistici del capitolo precedente, il guardaroba e la fotografia sono rimaste invariate: coloratissime e creative. Come le scene d'azione del film, che coinvolgono una cassa di bottiglie di vino, usate come silenziatore per decimare la banda... o che dire del capo Stonefeller (Andrew Hughes), cieco e che per sparare usa un microfono collocato sul mirino del suo fucile di precisione? I colpi di scena sono allo stesso piano del film precedente, così come le ricostruzioni dettagliate in studio. Come al solito, spicca sopra tutti Takarada nell'essere una calamita per le donne e per i guai, rispettivamente messi a tacere anche grazie al suo assistente Makoto, qui più serio rispetto all'investigatore precedente. Colonna sonora che qui ci regala un introduzione degna degli spionistici di Bond, memorabile e da raggelo del sangue nelle scene ad alta tensione. Montato senza sbavature, da segnalare i piani sequenza silenziosi nel finale con Hughes.
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