[Azionerrore #4] Il Blues di un Assassino (A Killer's Blues) - 1989

 
Anno: 1989
Regista: Raymond Lee
Casa di produzione: Cinema City Company Limited
Paese di produzione: Hong Kong, Cina

CAST
Ti Lung: Wai Yi-Ming
Olivia Cheng: Wai
Fennie Yuen: Suet
Roy Cheung: Chung
Mark Cheng: Kit
Lo Lieh: Tai
Wang Hsieh: secondo capo
Bau Hon-Lam: grande capo
Timothy Zao: Stephen
Bau Fong: Sun

Lam Chung: Tao
Terrence Fok: Ah Kin
Chan Cheuk-Yan: Suet (all'età di 4 anni)
Lee Siu-Kay: scagnozzo del secondo capo
Dion Lam: scagnozzo del secondo capo
Alan Chui: padre di Suet ucciso da Ming
Hui Sze-Man: proprietario del ristorante
Lam Suet: uno degli uomini di Chung
Tang Cheung: membro anziano della banda del grande capo
Hoh Wan: membro anziano della banda del grande capo
Lau Chun: membro anziano della banda del grande capo
Chan Chi-Hung: membro anziano della banda del grande capo
Mak Shu-San: membro anziano della banda del grande capo
Lee Wah-Kon: membro anziano della banda del grande capo
Yeung Wo: membro anziano della banda del grande capo
Wong Man-Chun: poliziotto

ATTENZIONE: SPOILER (anche se è un errore...)!

Uno degli ultimi, blandi, films prodotti da una casa che per tutti gli anni '80 ha contribuito all'affermazione del cinema del porto a livello internazionale con quel famosissimo "domani migliore" a firma di John Woo e anche all'ascesa di altre stelle come Tsui Hark con "All the Wrong Clues for the Right Solution" (1981) e Ringo Lam con la sua città in fiamme... ma anche agli ultimi atti fece conoscere definitivamente al porto il futuro re del noir Johnnie To con il suo sempreverde "All About Ah-Long", girato nello stesso anno di uscita del film in questione e con un record di incassi intorno ai 30 milioni di dollari. Raymond Lee sarà proprio colui che assisterà in prima persona al collasso della casa cinematografica nel 1991, girando quello che di fatto fu l'ultimo film prodotto dalla casa: "Blue Lightning", appena prima della sua chiusura definitiva. Si segnala che per 10 volte fece l'attore e si ritirò lontano dai riflettori sul finire degli anni '90 con "To Be No.1" (1996).

14 anni prima, Ming andò negli USA per sistemare (fisicamente) un traditore della triade di Sun: freddato a colpi di pistola, finì male anche per l'aggressore Ming, con la reclusione in carcere. Scarcerato anni dopo, ricomincia da zero con la sua nuova ragazza Wai e con la figlia adottiva Suet, che in seguito scoprirà la verità e la tensione sarà alle stelle... anche per il figlio e il nipote problematici del boss Sun, che getteranno non pochi grattacapi per la sua banda. Con il clima sempre più asfissiante, Ming deciderà di lasciare Hong Kong, ma a causa della morte improvvisa di Sun farà marcia indietro sul suo passato sanguinolento... in cui anche Ming ci lascerà la pelle nella stessa scena a cui ha assistito 14 anni fa'.

Deprimente a non finire. Nonostante Lung ci metta tutto sé stesso per tenere in piedi la baracca, anche con il suo carisma, la struttura crolla rovinosamente. Bocciato su tutta la linea Timothy nel rapporto con Fennie, in quanto uno stoccafisso era più espressivo e sciolto di lui. Numerose le scene in cui gli sbadigli prenderanno il sopravvento ed una in particolare che farà perdere anche le staffe per la moviola alla Chow Yun-Fat: sembra che stia per accadere qualcosa, ma alla fine è solo l'ambiente ostile delle triadi in guerra tra di loro in un ristorante di alto livello. A livello fotografico si salvano dal baratro alcuni dettagli, come le ombre delle finestre proiettate sul muro di un condominio e l'uso insistente delle tenebre. Anche nell'azione, marchio di fabbrica del genere "heroic bloodshed", sono coreografate dal Tony Leung Siu-Hung prima di quell'acciaio satinato del 1994: semplici, ma ricche di colpi di scena (prima fra tutte Lung che sorprende Wang all'interno di una bara!) e per nulla scontate. 


Quando hai tutte le carte in regola per rendere un film indimenticabile, e le giochi male...
Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del blog!

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