Bollettino Cinematografico #11: La Profonda Leggerezza di Claude Sautet

Cari spettatori del Sottobosco, ben ritrovati nell'11° edizione del Bollettino: questa volta la lampada del mio studio ha deciso di non infastidire ulteriormente l'ENEL, dato che è alimentata con le vibrazioni delle dita sulla mia tastiera.
Battuta a parte, finalmente ci addentriamo in uno dei registi più noti sia in Francia che all'estero, indimenticabile per la sua raffinatezza nel fotografare la società francese di allora. Distaccato dalla Nouvelle Vague dei suoi colleghi, era più vicino alla musica (dato che già a 10 anni cantava da soprano e lavorò come critico nella rivista Combat) che al mondo del cinema (il suo interesse come spettatore è limitato alla Francia pre-bellica), nonostante si fosse iscritto all'istituto di cinematografia IDHEC nel 1948. Esordisce alla regia nel 1956 con "Bonjour Sourire", film che in seguito ripudierà per come sia stato costretto a subentrare nella produzione per evitare di mandare in imbarazzo i produttori. Scrive e dirige nel 1960 "Asfalto che Scotta" e continuerà ad eseguire la stessa formula fino al termine della sua carriera. Negli anni '70 si fece conoscere rapidamente a livello internazionale con "L'Amante" (1970), dove qui inizia una lunga collaborazione con Romy Schnider fino al 1978 con "Una Donna Semplice", che gli valse una nomination all'Oscar per il miglior film straniero. Dopo avere diretto "Una Brutta Storia" (1980), Sautet andò in crisi e ripropose in chiave ironica la "donna semplice" a Yves Montand nel 1983. Quando fece la conoscenza dello sceneggiatore Jacques Fieschi, lo aiutò a scrivere i suoi tre ultimi films: gli ultimi due di enorme successo sia in Italia che d'oltralpe, entrambi vincitori dei César per migliore regista. Stanco, decise definitivamente di ritirarsi dal cinema nel 1995, ma andò allo StudioCanal per rimasterizzare alcune delle sue pellicole nel 1998. Passa a miglior vita nel 2000 a causa di un cancro al fegato, dovuto al suo fumare incessantemente.
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Il Commissario Pelissier, 1971.
L'investigatore Max (Max Pelissier nella versione italiana) è frustrato per via dei delinquenti che non riesce ad assicurare alla giustizia. Decide così di salvare la faccia, spingendo in una rapina in banca dei ladruncoli guidati da una sua vecchia conoscenza e va' sotto copertura come un ricco banchiere; attirando l'attenzione della prostituta Lily, nonché fidanzata del capo della gang. 
Nonostante il film sia davvero lento nella sua esecuzione, rispecchia il piano di Piccoli: incredibilmente privo di tensione grazie alla strana relazione con la Schnider, nel finale la pellicola esplode letteralmente nella cattura dei delinquenti, con una coreografia montata ed eseguita senza alcuna sbavatura. Noir cinico, dove sia la polizia che la delinquenza sono allo stesso livello per l'ossessione di riuscire a fare il colpo del secolo da ambedue le parti. Solidamente fine l'interpretazione della Schnider, che verso il finale crolla spontaneamente in lacrime dinnanzi a Piccoli. Quest'ultimo apparentemente sembra deciso nel suo mestiere, ma è consumato moralmente dal suo voler ripulire il marcio in città.

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Tre Amici, le Mogli e (Affettuosamente) le Altre, 1974.
Un trio di amici gravita nella loro crisi di mezz'età: Vincent, ammirato da tutti, è prossimo alla bancarotta; l'amante lo lascia e la moglie (già separata) vuole divorziare. François è un medico che ormai lavora solamente per il denaro, e sua moglie è sempre più distante. Paul è uno scrittore che ha perso la voglia di scrivere. Nel mentre, il giovane pugile Jack si avvicina alla moglie di François; e un altro pugile, Jean (amico di Vincent), litiga con un picchiatore...
Cast di stelle mai sceso verso il negativo, letteralmente a colpo sicuro nelle loro interpretazioni. Spicca sopra tutti Montand nel suo essere flessibile di fronte alle avversità, ma con la salute che vacilla. Piccoli, Depardieu agli albori e Reggiani affrontano anche loro le sfide che la vita impone, descritte con una semplicità tale da dirci che anche noi non siamo soli in questa battaglia. Fotografia notevolmente desaturata nei colori, accompagnata da una musica (firmata da Philippe Sarde) che da' il tocco autunnale e francese al film.

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Mado, 1976.
Simon, un uomo d'affari di mezza età, si ritrova improvvisamente in pericolo per il suo futuro a causa del suicidio di Julien, dopo che quest'ultimo ha accumulato migliaia di debiti. Subito il rivale in affari Lépidon ha intenzione di acquistare la sua azienda, per salvarlo dalla bancarotta. Simon cerca di evitare la sua trappola, ma la prostituta Mado trova la soluzione per lui.
Anche qui il ritmo è piuttosto lento, ma il tutto rimane godibile per la performance di Ottavia: donna senza meta in cerca di piacere, che assiste al crollo di un impero di menzogne; retto dai desideri egocentrici di Piccoli. Inquietantemente vicino ai nostrani thrillers politici, in ambito fotografico sfrutta i longevi piani sequenza e si incappa in della pioggia che impantana i protagonisti borghesi... incorniciati da una musica pessimistica (vincitrice di un César per "miglior sonoro") e priva di speranza per chi prova a togliere le assi del pavimento dai piedi del rivale Guiomar. Gran peccato che appaia solamente per pochi minuti la Schneider, insuperabile nel suo essere spontanea nelle emozioni.

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Una Donna Semplice, 1978.
Marie è consapevole che la sua relazione con Serge è agli sgoccioli. Incinta, decide di abortire e si separa da lui. In seguito riallaccia i contatti con Serge e vuole proseguire la gravidanza.
Melodramma sull'acceleratore e lento come al solito, con uno sguardo più ravvicinato sulla Schnider: grazie alla strepitosa fotografia ci rende partecipi nel suo essere in crisi per il suo lavoro impegnativo, ma silenziosa sulle sue reali motivazioni come nella precedente interpretazione di Ottavia. Musica ridotta all'essenziale ed atmosfera sdrammatizzata grazie alla presenza di Brasseur, che nonostante provi ad essere serio, la sua vena comica a livello vocale e recitativo non passa inosservata. 

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Una Brutta Storia, 1980.
Bruno, dopo essere stato incarcerato negli USA per uso e smercio di droghe, viene rilasciato e ritorna in Francia da suo padre: è in cerca di lavoro e vuole ricominciare la sua vita.
Qui la lentezza del regista ci aiuterà nel scavare a fondo nel ruolo di Dewaere: il tormento del ritornare a reinserirsi nella società è un lungo iter pieno di insidie e di passi falsi, con la fiducia oscillante di Robert. Invece di coinvolgere l'alta-media borghesia come nei precedenti films, Sautet immortala la classe lavoratrice dell'epoca... dove anche l'età avanzata di un lavoratore comporta maggiore difficoltà nel ritornare a guadagnarsi il pane. Numerose le scene toccanti, anche con l'altra ex-tossicodipendente Fossey, che sfortunatamente ricasca nel tranello delle droghe... con una fotografia cupa che usa il controluce nelle scene più rilevanti e la pioggia nei momenti più drammatici. Musica che ci accompagnerà, melodrammaticamente, in questa avventura travagliata.

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Dopo il mio esaustivo papiro nell'introduzione e nelle mie recensioni, non smetterò mai di ribadire che Sautet ha lasciato un vuoto incolmabile nel cinema francese. Così semplice nella sua maestria, così tagliente nelle sue opere. Dovunque egli sia, credo che sia felice nel notare che i cinefili come il sottoscritto apprezzano e tramanderanno le sue opere per le generazioni future... alla prossima con il nostro appuntamento!
Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del blog!

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